Il passaporto italiano è attualmente il più forte al mondo, permettendo di accedere a 190 Paesi terzi senza richiedere alcun visto preventivo. I cittadini italiani hanno ipso facto la cittadinanza europea e possono dunque circolare e risiedere nei Paesi dell’Unione Europea senza restrizioni. È possibile, inoltre, accedere negli USA senza visto e soggiornarvi fino a 90 giorni.
I cittadini stranieri possono richiedere la cittadinanza italiana per ius sanguinis. La procedura può essere inoltrata ai Consolati italiani all’estero o all’ufficio di stato civile del comune di residenza; il rimedio giurisdizionale è residuale.
Il riconoscimento della cittadinanza è possibile solo se l’avo italiano non è stato naturalizzato nel nuovo Paese di emigrazione (l’avo non deve aver perso la cittadinanza italiana per naturalizzazione, ossia non deve esserci stata un’interruzione della linea di trasmissione). Anche i figli nati da madre in possesso della cittadinanza italiana all’epoca della loro nascita possono richiedere la cittadinanza italiana.
La competenza dell’ufficio di Stato civile potrà essere avviata su istanza degli interessati, solo se questi risultino iscritti nell’anagrafe della popolazione residente di un Comune italiano.
Gli istanti stranieri, entrati nel territorio della Repubblica Italiana, dovranno iscriversi all’anagrafe della popolazione residente di un Comune italiano (l’ottenimento della residenza anagrafica, secondo la giurisprudenza, è un diritto e non può essere sottoposto a giudizio di meritevolezza).
I richiedenti, una volta entrati in Italia, devono ottenere il Permesso di soggiorno rilasciato dall’Autorità italiana di Pubblica Sicurezza (la Questura) o, in alternativa, la ricevuta della dichiarazione di presenza resa al Questore entro 8 giorni dall’ingresso o dalla timbratura sul passaporto del timbro Schengen.
Documentazione necessaria per l’iscrizione (in originale e tradotta in lingua italiana):
- Estratto dell’atto di nascita dell’avo italiano emigrato all’estero, rilasciato dal Comune italiano ove egli nacque.
- Atti di nascita, con traduzione ufficiale italiana, di tutti i suoi discendenti in linea retta, compreso quello della persona rivendicante la cittadinanza italiana.
- Atto di matrimonio dell’avo italiano emigrato all’estero, con traduzione ufficiale italiana se formato all’estero.
- Atti di matrimonio dei suoi discendenti in linea retta, compreso quello dei genitori della persona rivendicante la cittadinanza italiana.
- Certificato rilasciato dalle Autorità competenti dello Stato estero di emigrazione, con traduzione ufficiale in lingua italiana, attestante che l’avo italiano non ha acquisito la cittadinanza dello Stato estero di emigrazione prima della nascita dell’ascendente dell’interessato.
- Certificato rilasciato dalla competente Autorità consolare italiana attestante che né gli ascendenti in linea retta né la persona rivendicante la cittadinanza italiana hanno mai rinunciato ai termini dell’art. 7 della legge 13 giugno 1912, n. 555.
- Certificato di residenza.
Termini e procedure:
- Il termine per l’evasione della pratica, una volta ricevuta dal Comune, è di 180 giorni (L. 241/1990 sul procedimento amministrativo).
- In caso di diniego, l’Amministrazione Comunale deve fornire un parere negativo espresso.
- In caso di esito positivo, il Comune disporrà la trascrizione degli atti di stato civile relativi ai soggetti riconosciuti cittadini della Repubblica Italiana e potrà rilasciare l’apposita certificazione di cittadinanza.
In ultimo, si ricorda che è possibile rivolgersi al Tribunale quando i Consolati non rispondono alla richiesta di cittadinanza entro il termine massimo di 730 giorni (o anche prima, secondo un orientamento della giurisprudenza di merito). La competenza del Tribunale (circondario) è quella dove l’avo emigrato era nato. È possibile anche ricorrere al Giudice amministrativo qualora la procedura per la cittadinanza venga respinta.
La giurisprudenza italiana non riconosce nessun automatismo tra la cosiddetta “grande naturalizzazione” dei cittadini brasiliani all’inizio del secolo scorso e la perdita della cittadinanza italiana.
In conclusione, i richiedenti la cittadinanza – ottenuta la residenza e il permesso di soggiorno – possono nelle more chiedere il ricongiungimento familiare.
La presente trattazione ha carattere meramente esemplificativo e non esaustivo
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